Romanzo Quirinale, capitolo VI: l’interminabile voto

È in corso di svolgimento la sesta votazione per eleggere il capo dello Stato dopo che la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati ha ottenuto meno di 400 preferenze alla quinta chiama, fermandosi a quota 382.

Sulla candidatura della seconda carica della Repubblica sono andati in scena l’ennesima spaccatura nella maggioranza e soprattutto il fallimento del blitz del centrodestra. Pd, M5s, Leu e Iv hanno scelto di astenersi dopo aver disertato l’incontro chiesto stamattina da Matteo Salvini, mentre Lega, Fdi e Fi hanno optato per dare comunque il loro sostegno a Casellati.

Un modo per contarsi, forse, senza però nutrire grandi velleità di successo. Prova ne siano i 71 franchi tiratori che hanno impedito all’ex senatrice di raggiungere anche solo quota 453 voti e dunque di godere del pieno appoggio di tutti i grandi elettori di centrodestra. Anche la decisione di siglare con diverse diciture il voto a Casellati, del resto, dice moltissimo a proposito dell’effettiva coesione degli alleati.

Le prossime ore diranno se sul punto si è consumato il fallimento definitivo del tentativo di Salvini di ergersi a kingmaker della partita quirinalizia. Il segretario leghista puntava a uscire rafforzato dalla quinta votazione grazie ai voti di tutti i grandi elettori del centrodestra per giocarsi successivamente le sue chance. Così non è stato.

Sul banco degli imputati è finita la sua tattica negoziale, che lo ha portato a inondare di nomi i tavoli della politica per dare l’impressione di voler disseminare la scena di false piste mentre portava a termine un disegno nascosto. Dalla rosa iniziale composta da Letizia Moratti, Carlo Gordio e Marcello Pera alla stessa presidente Casellati, passando per i vari Giampiero Massolo e Sabino Cassese nello sconcerto crescente dei suoi stessi soci.

La verità è che Salvini non è ancora riuscito a trovare il candidato giusto per il Colle, quello in grado di crescere nei consensi e di sfondare nell’altro campo pescando i voti del centrosinistra. Il riferimento è soprattutto per i grandi elettori concentrati nel ventre molle del M5s, che nel frattempo sono tenuti in ostaggio dalla guerra intestina tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio.

L’ultimo tentativo di mettere assieme i cocci delle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra potrebbe essere fatto sul nome di Pier Ferdinando Casini. Dopodiché, nel momento in cui sarà acclarato che nessun candidato di centrodestra ha alcuna possibilità di essere eletto al Colle, l’unica alternativa sarà il ritorno alle due figure istituzionali che hanno retto il paese fin qui: Mario Draghi e Sergio Mattarella. Le ultime voci a margine del voto parlano per l’appunto di una trattativa in corso sull’ex capo della Bce al Colle e per la formazione di un nuovo governo di coalizione.

I 46 voti raccolti stamattina dal presidente della Repubblica uscente non sono affatto da sottovalutare in quanto giunti a fronte di un centrosinistra che si era astenuto e di un centrodestra andato (non) compatto su Casellati. Ieri alla quarta ‘chiama’ Mattarella ne aveva raccolti ben 166, provenienti soprattutto da 5Stelle, da una parte del Pd e da centristi.

Alla sesta votazione il centrodestra ha annunciato l’astensione mentre M5s, Pd e Leu voteranno scheda bianca. Giunti a questo punto, l’auspicio è che la partita possa essere risolta nel fine settimana, in un clima di condivisione e di lealtà.

Lo spettacolo offerto dalla classe politica nazionale sull’elezione della carica più importante della Repubblica è uno dei più controversi di sempre e rischia di diventare l’ennesimo alibi per giustificare la latitanza italiana sulle tante crisi irrisolte che circondano il nostro paese.