Con gli occhi puntati verso Est

La morte del Presidente iraniano Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero avvenuto domenica scorsa è capitata in un momento cruciale e molto teso per l’Iran, che sta affrontando una delicata fase di transizione. Ciò si riflette sia negli equilibri regionali, dove imperversa la guerra di Gaza e gli scontri militari tra Israele, Iran e le milizie legate e finanziate da Tehran, sia in quelli  interni del regime teocratico in vista della successione della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, di cui Raisi era il candidato più accreditato. Le elezioni presidenziali, previste adesso dalla Costituzione iraniana, si profilano quindi come una nuova partita a pochi mesi di distanza dall’ultimo voto, quando l’elettorato a Teheran aveva espresso il proprio malcontento rispetto alla linea impressa dai conservatori, utilizzando l’unico strumento a propria disposizione: l’astensione. In ogni caso, è opinione diffusa che la scomparsa di Raisi e del suo ministro degli Esteri Amir-Abdollahian difficilmente provocherà a breve termine scossoni nella politica estera iraniana, che rimane nelle mani di Khamenei. Così come sul piano interno, anche a livello regionale e internazionale, l’Iran continuerà a procedere lungo i binari della continuità, cercando di non mostrare segni di debolezza in una fase di accresciute tensioni in Medio Oriente.

Anche l’Europa si avvicina al voto. La campagna elettorale delle Europee è ormai entrata nella sua fase a più alto volume. Basti pensare a quanto successo nell’ambito del gruppo Identità e democrazia, la formazione più a destra nel Parlamento europeo: a due settimane dal voto, infatti, il partito tedesco d’estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) ha vietato al suo capolista alle europee Maximilian Krah di partecipare agli eventi elettorali a causa di alcune sue recenti dichiarazioni sul nazismo. Le stesse dichiarazioni hanno portato anche a una rottura dei rapporti con la formazione francese Rassemblement National (RN), guidata da Marine Le Pen, che ha ufficialmente preso le distanze da AfD. E come lei ha fatto anche Matteo Salvini con la sua Lega, e adesso si profila la possibilità di un’alleanza con l’area europea a cui fa riferimento anche Fratelli d’Italia, l’Ecr.

Fratelli d’Italia, intanto, in settimana è stato protagonista di un rocambolesco cambio di marcia su uno dei provvedimenti più discussi, il cosiddetto redditometro, con un decreto prima approvato, poi sospeso per volontà della stessa Meloni, che ne è uscita con una dichiarazione di grande effetto mediatico sui social: “Mai il grande fratello fiscale”. Mai le “persone comuni vessate” dal fisco. La linea del governo è quella di andare a stanare “i grandi evasori”, quei “nullatenenti che girano col Suv e vanno in vacanza con lo yacht” e non certo di mettere il naso nelle spese dei “cittadini onesti”. La premier si era già affrettata, sempre via social, ad assicurare che si sarebbe occupata della vicenda e che avrebbe chiesto lei stessa “delle modifiche se necessario”. Una vicenda un po’ goffa dal punto di vista istituzionale, ma che alla fine si è rivelata un efficace boost per la campagna elettorale in corso.

Una campagna elettorale in cui, più di altre volte, sta entrando il tema della difesa comune europea e della sua costruzione. I venti di guerra agitano gli stati membri, soprattutto a Est, dove gli osservatori sono preoccupati dalle esercitazioni nucleari di Putin, che sembra preparare un escalation del conflitto. L’Europa è vigile. Anzi, da quanto avrebbe dichiarato il presidente ungherese Orban, starebbe addirittura “architettando una guerra contro la Russia. A Bruxelles e a Washington, ma più a Bruxelles che a Washington, è in corso una sorta di preparazione del ‘sentimento’ per una guerra mondiale”. Propaganda a parte, le notizie da inizio maggio raccontano di una crescente tensione: da un lato la Russia che ha avviato esercitazioni nucleari con armi tattiche nel distretto militare meridionale, non lontano dal confine con l’Ucraina. Dall’altro le dichiarazioni audaci del presidente francese Macron sull’ipotesi di invio di soldati in Ucraina e la disponibilità di Estonia e Lituania a svolgere un ruolo che vada oltre la semplice fornitura di armi e aiuti. Il clima generale è di grande allerta. Il nuovo establishment europeo dovrà saperlo affrontare e gestire.