Rebus candidati-sindaco
La ruota della politica è di nuovo in movimento. In tempi come questi, è quasi una notizia. Domenica si celebrano le primarie del Partito democratico a Roma dopo che quelle dello scorso fine settimana organizzate dal centrosinistra a Torino sono state un flop, a causa della tiepida partecipazione popolare.
Al netto delle attenuanti da coronavirus, è un dato su cui conviene soffermarsi. All’ombra della Mole il candidato Dem Stefano Lo Russo ha raccolto poco più di 4 mila preferenze (37% dei consensi) sui circa 12 mila voti complessivi. Si è trattato di un’affluenza nettamente inferiore alle attese e ai precedenti: circa un quinto rispetto alle primarie del 2011, vinte da Piero Fassino. Mentre nel 2019 i torinesi che parteciparono all’elezione del segretario nazionale del Pd furono il doppio.
Lo Russo sfiderà a settembre il candidato del centrodestra Paolo Damilano, che pochi giorni fa è stato uno dei primi candidati civici annunciati dalla coalizione. Ma in questo momento il principale timore della dirigenza Pd è un altro. Ovvero che il precedente di Torino sia un infausto presagio in vista del voto di domenica nella Capitale.
A Roma l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri non avrà problemi a essere eletto. È stato favorito dal ritiro degli avversari più temibili mentre Carlo Calenda, leader di Azione, ha deciso che non parteciperà alle primarie. È inoltre sostenuto dai principali dirigenti nazionali e locali del partito, quelli che ancora dispongono di un certo potere di persuasione nei confronti dei militanti.
L’incognita in questo caso è un’altra e riguarda più nello specifico che tipo di vittoria sarà quella di Gualtieri. Il Pd ha fissato a 50mila votanti l’asticella dell’affluenza. Nel 2013, anno delle primarie conquistate da Ignazio Marino a scapito di David Sassoli e Paolo Gentiloni, furono in 100 mila a presentarsi ai gazebo. La paura è che una bassa partecipazione popolare possa indebolire la candidatura di Gualtieri, col rischio di compromettere una campagna elettorale che rimane molto aperta in vista del voto a ottobre.
Ma se Atene piange, Sparta di certo non ride. Nell’Urbe il centrodestra ha trovato l’accordo sul candidato di Fratelli d’Italia Enrico Michetti, che bontà sua ha eletto a modello di riferimento il pater patriae Cesare Augusto. Gli avversari lo dipingono come un “imbonitore radiofonico” e un nostalgico del Ventennio. Altri invece sottolineano che al primo turno farà il pieno di voti del centrodestra e che per questo avrà le sue rilevanti chance di conquistare il Campidoglio.
Il grande punto interrogativo che agita l’alleanza Berlusconi-Meloni-Salvini verte sulla competizione Fratelli d’Italia-Lega che sta frenando la scelta dei candidati di centrodestra per le altre città al voto. Come Milano, Bologna e Napoli. L’unica intesa è quella sulla Calabria – dove a correre sarà l’attuale capogruppo di Forza Italia alla Camera, Roberto Occhiuto, in tandem con il leghista Nino Spirlì, che ha guidato la giunta regionale dopo la scomparsa di Jole Santelli.
L’incertezza è figlia della guerra di logoramento sempre più intensa fra Meloni e Salvini per il primato nella coalizione. La Lega ha esaurito la forza propulsiva di un anno fa e sente il fiato sul collo di Fratelli d’Italia, in ascesa ormai da diverse settimane. Nel frattempo i sondaggi di opinione più disparati segnalano il lento ma profondo cambiamento che sta alterando gli equilibri fra i partiti.
L’animosità fra le due principali anime del centrodestra non riguarda soltanto i candidati-sindaco ma tutti gli altri principali dossier della vita politica del paese. Salvini e Meloni sono divisi su quasi tutto dal sostegno al governo Draghi a quello per le riforme istituzionali, per non parlare dell’ipotesi di elezioni anticipate dopo la scelta del prossimo capo dello Stato.
Intanto, in attesa di scoprire come saranno sciolti i tanti nodi che aleggiano sul futuro dei partiti, l’unico a non risentire del clima di incertezza generale è il presidente del Consiglio Mario Draghi, reduce da due ottime dimostrazioni di leadership ai vertici G7 e Nato di questa settimana e ormai sempre più in alto negli indici di gradimento degli italiani.