Le elezioni europee agitano la politica italiana

La politica è volubile, basta una tornata elettorale a modellarla e rimodellarla, farle cambiare indirizzi, fare emergere fragilità, strategie, verità o pretesti. È il caso delle prossime europee di giugno, in vista delle quali maggioranza e opposizione stanno organizzando le rispettive posture. E se, da un lato, il centrosinistra prevedibilmente sembra voler continuare la fase di collaudo del cosiddetto “campo largo”, dall’altro lato il centrodestra è chiamato a un momento di “conta interna” da cui potrebbero scaturire anche future conseguenze nella distribuzione degli equilibri interni di potere.

Gli occhi sono puntati sulla Lega. Il partito di Salvini ha registrato un netto calo del consenso nelle ultime competizioni elettorali regionali, a differenza di Fratelli d’Italia e Forza Italia. Tanto che nell’ultima kermesse è stata esplicitata una virata conservatrice a livello nazionale ed europeo con un chiaro intendimento, quello di giocarsi l’ultima carta: canalizzare quel virtuale vuoto che si è creato a destra di FdI, un target che potrebbe non aver condiviso le ultime scelte moderate della Meloni. Salvini ha infatti apertamente stigmatizzato l’asse von der Leyen-Biden nell’ambito della quale la premier si è invece perfettamente allineata e con discreti risultati a livello di politica estera. Nel caso in cui anche questa scelta non dia risultati attendibili e di prospettiva alla Lega di Salvini, è presumibile che la linea dei “falchi” del Carroccio possa rafforzarsi con possibili riassetti interni. E forse anche nella compagine di governo. Ancora una volta, saranno gli elettori a deciderlo.

E, a proposito di politica estera, Giorgia Meloni è tornata venerdì in Italia dalla sua visita in Libano, dove ha avuto modo di proporsi, ancora una volta, come essenziale interlocutrice europea dei paesi nel bacino del Mediterraneo. L’evento principale di questa due giorni – mercoledì e giovedì – è stato l’incontro con il primo ministro Najib Miqati, a cui ha fatto seguito una cena informale. Miqati era stato ospitato un anno fa a palazzo Chigi. Ma l’ultimo incontro con la premier risaliva alla Cop28 che si è tenuta a Dubai a novembre. Argomento principale sul tavolo della visita è stato il conflitto mediorientale. Con la tregua da raggiungere, come deciso dalla risoluzione dell’Onu, e la necessità di evitare l’allargamento con gli stati confinanti. L’incontro però è stato anche l’occasione per discutere di nuove politiche di contrasto ai flussi migratori irregolari e per proporre soluzioni all’emergenza rifugiati in corso nel paese. Il Libano ospita circa 1,5 milioni di profughi siriani a cui si sommano 489mila profughi palestinesi ed è uno dei paesi con il più alto numero di rifugiati rispetto alla sua estensione territoriale.

Su questo fronte si sta muovendo anche la Commissione europea che nella giornata di venerdì ha discusso un accordo economico simile a quelli già stretti con la Tunisia, la Mauritania e l’Egitto. Tutti, tranne quello con la Mauritania, hanno visto la presenza fissa di Meloni e Ursula von der Leyen. E in questo senso si conferma – ancora una volta – il ruolo indispensabile della premier sulla scena internazionale come interlocutore essenziale per una strategia europea sulle migrazioni. Nel caso del Libano il piano è quello di evitare che i rifugiati siriani viaggino verso Cipro (a marzo sono arrivati 533 migranti, rispetto ai 36 del 2023), avamposto dell’Unione europea. Ad annunciare un possibile accordo tra Bruxelles e Beirut è stato il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, nella sua visita a Cipro dello scorso 22 marzo.

Il Libano si trova da anni in un contesto economico molto difficile, con le casse pubbliche al limite del collasso, uno scenario politico sempre sull’orlo del conflitto civile e un panorama internazionale ancora più delicato dopo l’inizio del conflitto mediorientale. Nella mattina di venerdì, tra l’altro, alcuni territori libanesi sono stati oggetto dei raid israeliani. La situazione è molto delicata e, purtroppo, nonostante gli accorati appelli del Papa del Venerdì Santo, le vie della pace sembrano ancora lontane.