Accordi e disaccordi alla prova del voto

Accordi e disaccordi, si può leggere così la settimana politica appena trascorsa. Se da una parte infatti c’è stato un sostanziale accordo tra maggioranza e opposizione, come dimostrato dal via libera quasi unanime del Parlamento alle missioni internazionali martedì 5 marzo, dall’altra si sono confermate, come da aspettative, le consuete fibrillazioni per l’imminente appuntamento elettorale, quello che riguarda le regionali in Abruzzo.

Sugli impegni esteri le forze politiche hanno condiviso in maniera quasi unanime, con la sola esclusione di Alleanza Verdi e Sinistra, l’approvazione del coinvolgimento del nostro Paese su alcuni degli scenari internazionali al momento più caldi: si è autorizzata la partecipazione dell’Italia a tre nuove missioni per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2024. Una, Levante, è al momento la missione esclusivamente umanitaria in sostegno della popolazione civile di Gaza. L’altra è quella che rientra nella più ampia iniziativa dell’Unione Europea, che consiste nell’invio di un magistrato in Ucraina per aiutare il governo locale a introdurre riforme che rafforzino lo stato di diritto. La terza, invece, è la missione Aspides, di gran lunga la più imponente. Un’operazione europea istituita dal Consiglio Affari esteri dell’UE l’8 febbraio scorso. Lo scopo è quello di garantire una navigazione libera e sicura nel mar Rosso alle imbarcazioni mercantili, proteggendole dagli attacchi degli Houthi che da mesi, dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas, stanno compiendo attentati e lanci di missili contro le navi occidentali. Intervenendo in Parlamento il ministro Tajani ha sottolineato che la missione Aspides nel Mar Rosso “avrà solo funzioni difensive” e non potrà mai agire “in modo preventivo”. L’iniziativa darà risposte necessarie e proporzionate in mare e nello spazio aereo, mai sulla terraferma, come ha chiarito il vice premier. “Si agirà nel Mar Rosso, nel Golfo di Aden e nel Golfo Persico con lo scopo di proteggere i nostri traffici, contenendo i rischi di escalation regionale”.

Disaccordi, invece, sul fronte interno che vede i partiti alle prese con la seconda sfida elettorale nel giro di poche settimane, l’Abruzzo. Se fino a un po’ di settimane fa la vittoria delle forze di maggioranza sembrava più plausibile, ora invece la partita sembra più aperta. Il voto di domenica infatti rappresenta una sfida per l’attuale compagine di governo, a fronte soprattutto delle prossime elezioni, quelle europee. Si tratta di capire se quello in Sardegna sia stato solo un episodio o l’inizio di una nuova fase. Gli schieramenti si affrontano puntando sui due candidati: Marco Marsilio, attuale governatore della regione e vicino alla premier Giorgia Meloni, da un lato; dall’altro Luciano D’Amico, commercialista e professore di economia all’Università di Teramo, sostenuto da tutto il centrosinistra unito. A riprova dell’importanza della partita si è registrata la presenza massiccia del centrodestra nella regione, per cui si sono mobilitati anche esponenti di spicco del governo. Solo questa settimana infatti la presidente del Consiglio ha firmato l’accordo di coesione, che destina all’Abruzzo 1,3 miliardi di euro, Matteo Salvini ha promesso i 720 milioni per potenziare la linea ferroviaria Roma-Pescara, il ministro alla Sanità, Orazio Schillaci, ha destinato 60 milioni per la ristrutturazione dell’ospedale di Chieti, il ministro alle Imprese, Adolfo Urso ha promesso un investimento di 50 milioni per il Centro spaziale del Fucino. Si vota solo domenica e non è ammesso il voto disgiunto. 

Il voto di domenica quindi sarà la conclusione di una settimana movimentata, che era iniziata, tra l’altro, con un nuovo caso che aveva innescato un acceso dibattito nell’agone politico: la scoperta di un’azione di dossieraggio riguardante una lunga lista di personalità della politica, degli affari, dello sport e dello spettacolo. Un caso diventato oggetto di un colloquio tra il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il ministro della Difesa Crosetto, al termine del quale si è valutata la possibilità di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta con potere inquirente per analizzare una volta per tutte questa deviazione che già si era rilevata gravissima ai tempi dello scandalo Palamara e che adesso è diventata ancora più seria.