Da Expo alla Cop28, le prossime mosse dell’Italia

Martedì gli stati membri del Bureau International des Expositions (BIE) hanno assegnato l’Expo 2030 a Riad, la capitale dell’Arabia Saudita. La decisione è avvenuta a Parigi dove ogni Stato ha espresso una preferenza segreta tramite un suo delegato. La vittoria è stata schiacciante: a Riad sono andati 119 dei 182 voti disponibili mentre la città sudcoreana di Busan è arrivata seconda ottenendone 29. Roma, invece, è arrivata terza, incassando appena 17 voti. Nonostante la vittoria della città saudita fosse diventata alquanto prevedibile, il risultato ottenuto dalla capitale italiana è stato particolarmente deludente.  I responsabili della candidatura designati dal governo erano convinti di poter fare affidamento su una base minima di 50 voti, e quindi di poter raggiungere almeno il secondo posto per giocarsi il tutto per tutto in un eventuale ballottaggio con Riad. Quella che si pensava essere una probabile sconfitta ha assunto così, nelle ore finali della votazione, le dimensioni di un’inaspettata disfatta diplomatica che è stata oggetto di discussione e polemiche anche a livello politico. Nelle ore successive all’annuncio, è serpeggiato infatti un “tutti contro tutti”, nel timore di ritrovarsi con il cerino in mano nella risalita della catena degli errori.  Se Italia Viva ha parlato di «una figuraccia galattica» e il leader di Azione Calenda di «un’occasione persa per Roma», Giuseppe Conte ha criticato l’operato del Governo Meloni e dell’amministrazione Gualtieri per aver giocato male una partita «così importante per il sistema paese». D’altra parte, il Ministro delle imprese Urso ha recriminato «il ritardo nella partenza della candidatura con l’allora Governo Conte» e la scelta dell’ex sindaca Raggi di proporla come una sorta «di ripiego a fronte del rifiuto delle Olimpiadi che forse sarebbero state un obiettivo più raggiungibile».

Nel frattempo però, il Governo ha raggiunto un importante obiettivo politico con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, riunitosi lunedì, dell’atteso decreto legge in materia di energia. Nel provvedimento sono state inserite misure per promuovere il ricorso a fonti rinnovabili e il sostegno alle imprese cosiddette “energivore”, cioè quelle che consumano un’ingente quantità di gas ed elettricità per le loro produzioni. Il provvedimento era atteso da tempo anche per via di un’eventuale proroga del passaggio al mercato tutelato dell’energia elettrica e del gas, che però non è stata inserita. In attesa di iniziare il suo iter parlamentare, che con ogni probabilità partirà dal Senato, il Dl Energia si articola sui seguenti capisaldi: l’autoproduzione di energia rinnovabile nei settori energivori a rischio delocalizzazione, il rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale correlato anche alla misura del c.d. gas release, disposizioni in materia di concessione geotermoelettriche e un piano pluriennale per la promozione degli investimenti, disposizioni per incentivare le regioni a ospitare impianti rinnovabili. Infine, è prevista la possibilità per gli enti locali italiani di autocandidarsi per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti nucleari.

Sul fronte di politica estera, il presidente del Consiglio Meloni è volato a Dubai per partecipare alla 28esima conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, nota ai più come COP28: la grande riunione internazionale che si tiene ogni anno con l’obiettivo di contrastare gli effetti del riscaldamento globale. Alla vigilia dell’incontro il Presidente della conferenza, il ministro dell’Industria e della tecnologia degli Emirati Arabi Uniti, Sultan Al Jaber, si è dichiarato molto ottimista sullo svolgimento della conferenza: a Dubai si prenderanno decisioni tali da mantenere il riscaldamento del pianeta entro il grado e mezzo come auspicato dagli Accordi di Parigi. L’entusiasmo di Al Jaber non è stato di certo smentito dal primo giorno di Summit, quando è stato chiuso l’accordo per rendere operativo il fondo “Perdite e Danni”, a favore dei paesi particolarmente vulnerabili ai disastri climatici e storicamente meno responsabili delle emissioni di gas effetto serra. È un successo storico senza precedenti se si pensa che è la prima volta in trent’anni che la Cop viene battezzata con un’intesa, affatto scontata vista la ritrosia degli Usa nel procedere in tal senso. La conferenza procederà quindi su altri due temi principali quali la riduzione dell’uso dei combustibili fossili e una valutazione su cosa è stato fatto finora. In ogni caso, per poter giudicare l’esito della conferenza bisognerà attendere il 12 dicembre, quando le 197 delegazioni voteranno la dichiarazione finale.