Il contesto della visita negli Usa di Merkel e le opportunità per l’Italia di Draghi

La visita di Angela Merkel negli Stati Uniti è stata l’ultima missione a Washington da parte della cancelliera che guida ininterrottamente la Germania dal 2005. Durante i suoi sedici anni al potere, il capo del governo tedesco è volato negli Usa per ben 23 volte dove ha incontrato quattro diversi presidenti americani: Bush jr., Obama, Trump e Biden.

Merkel è stata la prima leader di un paese dell’Ue ospitata alla Casa Bianca da quando Joe Biden ha assunto ufficialmente l’incarico lo scorso 20 gennaio. Segno incontrovertibile dell’importanza attribuita da Washington alla relazione con la Germania, nonostante le turbolenze vissute durante gli anni di Trump. Anzi, forse proprio per ricostruire un rapporto solido adesso che la superpotenza chiama a raccolta gli alleati per combattere la sfida del secolo contro la Cina.

La visita di commiato agli Usa di Merkel va infatti calata nel nuovo assetto europeo immaginato da Washington. La conferma che gli americani non sanzioneranno le imprese tedesche coinvolte nel raddoppio del gasdotto Nord Stream – deputato a rifornire via Baltico l’energivora Repubblica Federale di idrocarburi russi – deve fare i conti con la richiesta alla cancelliera di agire nei confronti di quelle potenze che violano i diritti umani e che disprezzano la democrazia. Un chiaro riferimento alla Repubblica Popolare.

In questi anni Berlino ha cementato l’asse con Pechino in nome del commercio, elevando la Cina al rango di orizzonte strategico anche per ribadire il proprio primato europeo. Salvo incontrare una serie di ostacoli sul percorso, dal Diesel gate alla gaffe sullo spionaggio russo fino alla pandemia, che ne hanno drasticamente ridimensionato le ambizioni.

Biden sa di non poter contare sulla Germania per contrastare la Russia in Europa e allora chiede a Berlino di fare la sua parte nel contenimento di Pechino assieme a francesi e italiani – restii proprio come i tedeschi a scagliarsi apertamente contro Mosca.

Di qui la concessione sul gasdotto baltico, pensata per ottenere dalla Repubblica Federale una riduzione dei rapporti commerciali con la Cina in nome del superiore interesse strategico. La Casa Bianca sa bene che l’attuale governo tedesco ha la necessità di conciliare le esigenze americane con l’interesse nazionale a cooperare sul piano economico con i cinesi. Per questo aveva già avvertito che non si sarebbe aspettata svolte dal vertice, rimandate all’arrivo di chi prenderà il posto di Merkel.

Il contenimento della Russia è affidato agli europei orientali e ai britannici, che nel giorno in cui la stessa Merkel si diceva pronta assieme al presidente francese Macron a incontrare l’omologo russo Putin scagliavano una loro nave da guerra contro la Crimea. Per provocare l’irata reazione russa e confermare il racconto del Cremlino come un soggetto inadatto al dialogo.

In tale contesto si inserisce la sortita realizzata a inizio settimana dalla segretaria del Tesoro Usa Janet Yellen contro il ritorno dell’austerità di bilancio nell’Ue. Parlando ai colleghi dell’Eurogruppo, Yellen ha invocato il mantenimento di misure di sostegno e stimolo economico almeno fino al prossimo anno, vista la perdurante e alta incertezza.

Dichiarazioni del genere chiariscono con chi stanno gli Stati Uniti nella battaglia sul futuro dell’Europa al di là delle parole al miele spese da Biden durante il vertice con Merkel. Italia e Francia sono compatte contro la Germania per evitare che una volta superata la crisi si torni all’Ue pre-coronavirus, all’insegna del rigore fiscale caro a Berlino.

Washington è fermamente contraria a ogni ipotesi del genere, convinta che farebbe precipitare nell’abisso le economie più fragili del Vecchio Continente (Italia in testa) e che alimenterebbe la pulsione mercantilista della Germania – condizione a sua volta alla base delle ricorrenti aperture tedesche a Russia e Cina.

Per questo, per bocca del suo segretario al Tesoro, la superpotenza si muove in anticipo per fare fronte comune con le “cicale” del Sud contro le “formiche” del Nord, anche perché vuole capire se nel medio periodo la potenza tedesca proverà a tradurre in rendita geopolitica lo scatto in avanti che la scorsa estate l’ha portata ad approvare il cruciale fondo europeo per la ripresa (recovery fund).

L’imminente uscita di scena di Merkel e la battaglia contro il ritorno dell’austerità fiscale suggeriscono che nel prossimo futuro il leader politico di riferimento nell’Ue sarà il primo ministro italiano Mario Draghi. Se per gli Stati Uniti la partita del secolo riguarda la sfida contro la Cina, per gli europei si tratterà di riuscire a riformare gli attuali trattati Ue d’impronta tedesca e su cui Berlino ha costruito la sua potenza a scapito dei vicini.

Assieme al presidente francese Macron, nei prossimi anni Draghi si ritaglierà un ruolo di primo piano in questa battaglia che si annuncia sin d’ora cruciale per poter assicurare un futuro al progetto unitario europeo.