Le scadenze che incalzano il governo Meloni

Dopo giorni di silenzio post elettorale, Giorgia Meloni è tornata a parlare davanti all’esecutivo del suo partito. Il momento di dare indicazioni su come muoversi in vista dell’incarico che con tutta probabilità le sarà conferito è giunto e la linea dettata è stata chiara. Il presidente del Consiglio in pectore sfrutta infatti la platea del suo partito per mandare un messaggio agli alleati della coalizione, allarmati per l’eccessivo numero di figure “extraparlamentari” del futuro esecutivo: il prossimo governo sarà politico, scelto dagli italiani, ma non si esclude la possibilità di chiamare qualche profilo tecnico nel caso servisse. Il messaggio che trapela dai discorsi della Meloni è la sua volontà di mettere le persone più adatte nel ruolo più giusto per ciascuno, senza dover accettare diktat o veti di nessun tipo: «non mi farò imporre nomi che non siano all’altezza del compito», ha ribadito la leader di FdI. Ciò riguarda anche Matteo Salvini che solo poche ore prima, a conclusione del Consiglio federale della Lega, aveva presentato una lista di dicasteri ambiti dal partito: Interni, ministero delle Riforme, da intendere in chiave autonomia, Agricoltura, Infrastrutture e Trasporti. La Meloni però ribadisce che la vittoria del centrodestra non deve essere l’occasione «per risolvere beghe interne di partito, per proporre qualsiasi nome o per rendite di posizione». Nonostante sul tavolo non ci siano ancora nomi certi, la metodologia per la scelta dei ministri appare chiara: la qualità e la competenza prima di tutto per un governo che sa di dover affrontare una «delle fasi più difficili della storia della Repubblica». Il conflitto russo-ucraino in corso, le sue ripercussioni a livello nazionale, la minaccia del nucleare, gli echi di una pandemia che non sembra essersi conclusa, gli effetti domino della crisi economica ed energetica sempre più pressanti, gli impegni presi a livello internazionale, sono solo alcune delle sfide da fronteggiare. E come se non bastasse, il tutto è da gestire in tempi molto stringenti, viste le scadenze a stretto giro su cui il nuovo esecutivo si troverà a lavorare. 

Proprio su questo punto, relativamente ai tempi di realizzazione del Pnrr, si è consumato un botta e risposta a distanza tra il presidente del Consiglio uscente Mario Draghi e la probabile entrante Giorgia Meloni. Nonostante fino a questo momento si sia registrata una certa sinergia e un fattivo spirito di collaborazione, i due hanno mostrato una netta divergenza di opinioni sulla questione. Draghi, che ha fatto del Pnrr una delle sue bandiere, ha assicurato che il Governo ha predisposto tutti gli strumenti per realizzare il Piano nei tempi previsti: sa bene che eventuali ritardi comporterebbero la perdita dei finanziamenti. E la sua linea è supportata dalla governance europea. Così il premier ha passato la palla al prossimo governo «certo che il lavoro sarà svolto con la stessa forza ed efficacia» di quello precedente. Ma è proprio sull’attuazione concreta del piano che Giorgia Meloni dissente, parlando esplicitamente di ritardi evidenti, difficili da recuperare, e di “mancanze” che non dipenderanno dal prossimo governo di centrodestra.

Nonostante ciò, la Meloni sta vivendo questo momento con un evidente senso di responsabilità, consapevole della difficoltà del compito e della sfida che comporta per il suo partito, per la coalizione che guida e, perché no, per la cultura politica che rappresenta. Dall’altra parte il Partito Democratico, che ha chiuso la sua prima Direzione nazionale post voto, vuole rifondarsi dalle basi. Letta ha confermato il suo passo indietro e ha lanciato un messaggio chiaro: l’opposizione farà bene. Del resto il PD, più che di leader in questo momento ha dimostrato di dover ragionare sulla sua identità politica e sulle risposte da dare alle grandi questioni sociali. Quanto alle candidature continua, per il momento, la sfida a distanza tra Paola De Micheli e Stefano Bonaccini. Ma potrebbero esserci nuovi colpi di scena, soprattutto quando si entrerà nel vivo del congresso, che, ad oggi, non è ancora ufficialmente calendarizzato. Dipenderà molto dalle date delle prossime amministrative che rappresenteranno il primo vero guado del nuovo PD e una sorta di midterm anticipato anche per il nuovo governo di centrodestra.