Elezioni, nomine e sentenze

L’ultima tornata di elezioni regionali del 2024 si è conclusa con un doppio successo del centrosinistra, che ha trionfato in Emilia Romagna, andando ben oltre le previsioni della vigilia, e si è preso anche l’Umbria dove il risultato era decisamente meno scontato. Il Pd esulta per le percentuali dem definite “straordinarie” dalla segretaria Elly Schlein mentre il Movimento 5 stelle riflette su un risultato ancora una volta deludente nei territori. Anche in questa occasione è pesata la disaffezione degli elettori: la tornata elettorale – seppur in due giorni – è stata dominata dall’astensionismo. In Emilia Romagna quello del non-voto si può addirittura definire il primo partito: si è espresso solo il 46,42% degli aventi diritto. Un calo enorme, del 21%, rispetto alle precedenti regionali quando si recò ai seggi il 67,27% degli elettori. Poco meglio è andata in Umbria dove ha votato il 52,3%, comunque un dato ben al di sotto della precedente consultazione dove l’asticella si fissò al 64,69%

Sul fronte europeo la notizia è stata sicuramente la nomina di Raffaele Fitto a Vicepresidente esecutivo della Commissione Europea: dopo l’accordo trovato tra i coordinatori delle Commissioni dell’eurocamera e soprattutto tra i partiti di maggioranza, Ppe, S&D e Renew, la nomina ufficiale è prevista nella Plenaria del 27 novembre, insieme a quella degli altri due Vicepresidenti che erano in bilico: Teresa Ribera (S&D) e Henna Virkkunen (Ppe). Gli altri tre, già al sicuro, sono Kaja Kallas, Roxana Minzatu, Stéphane Séjourné.

Lo stallo si era creato a seguito della richiesta del Ppe di inserire nella lettera di valutazione di Ribera l’impegno a dimettersi qualora fossero emerse responsabilità giudiziarie per i fatti dell’alluvione di Valencia. Il punto è stato sostenuto anche dalla Lega e dai Patrioti, che però non hanno votato Ribera.

Alla fine la richiesta è passata come dichiarazione di minoranza: a loro volta i Socialisti hanno ottenuto che nella lettera di Fitto fosse riportato che S&D e Renew non approvano la nomina del politico italiano, che si aspettano egli sia pienamente indipendente dal suo governo, che si impegni nel caso a far scattare il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto e a lavorare sul rafforzamento dello Stato di diritto nell’Ue.

Ma negli ultimi giorni lo scacchiere internazionale è stato travolto da alcune novità: la Camera preliminare della Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il premier israeliano Benyamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant “per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024, giorno in cui la Procura ha depositato le domande di mandato di arresto”, riferisce una nota parlando di “un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza”. Gli Stati Uniti respingono categoricamente la decisione della Corte penale Internazionale: lo afferma un portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca.

Ma a catalizzare l’attenzione globale nelle ultime 24 ore, sono state le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin sul possibile abbassamento della soglia per l’uso delle armi nucleari. La mossa, giustificata da presunti attacchi missilistici da parte di Stati Uniti e Regno Unito, rappresenta un segnale allarmante in un contesto già ad alta tensione. Proprio in queste ore, la Russia ha lanciato un missile balistico ipersonico, denominato “Oreshnik,” contro un impianto a Dnipro, in Ucraina. L’arma, in grado di eludere i sistemi di difesa più avanzati, sottolinea la determinazione di Mosca a mantenere la pressione sull’Ucraina e sull’Occidente: Putin ha parlato apertamente di un “conflitto globale,” avvertendo che Mosca potrebbe adottare risposte “simmetriche” a qualsiasi ulteriore azione ostile.