Le divisioni si fanno più nette
La tensione mondiale sta salendo e il vertice Nato di Washington lo ha decretato. Confermando l’orientamento già espresso al G7 di Borgo Egnazia, l’Alleanza ha chiaramente manifestato un atteggiamento più aggressivo nella sua strategia difensiva, decidendo di isolare la Russia e puntare al suo principale alleato, la Cina. Nelle conclusioni dell’Assemblea, infatti, si legge che Pechino, in quanto membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, “deve smettere ogni forma di sostegno politico e materiale” al Cremlino. Per i leader della Nato, la Cina “costituisce un pericolo per l’Europa e per la sicurezza” globale, considerati l’arsenale nucleare e le capacità spaziali. Sono le parole più dure mai usate dalla Nato verso la Cina. La dichiarazione finale cita, inoltre, altri nemici dell’Alleanza atlantica, dalla Corea del Nord all’Iran. E, per quanto riguarda l’Ucraina, c’è un accordo di massima sulla “irreversibilità” del suo processo di adesione all’Alleanza: “Il futuro di Kiev è nella Nato”, è scritto nelle conclusioni, senza però indicare una data. I leader accolgono “con favore i progressi concreti compiuti dall’Ucraina (…) sulle necessarie riforme democratiche, economiche e di sicurezza”; ma “potranno estendere un invito a Kiev ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”. Un segno evidente che, tra i 32 Paesi membri, non c’è ancora l’unanimità.
Nella notte tra giovedì e venerdì il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha tenuto una conferenza stampa, la prima dopo otto mesi, al termine della riunione annuale della NATO. Una conferenza che è stata una sorta di referendum sulla sua candidatura e un’occasione per dimostrare pubblicamente di essere in grado di comunicare in modo adeguato e coerente. Biden ha dichiarato in modo alquanto assertivo di essere ancora il candidato “più adatto” per sconfiggere Donald Trump, cercando così di frenare le pressioni provenienti dall’interno del partito Democratico per un suo ritiro. Un momento alquanto insolito nella storia politica americana moderna, dove il Presidente in carica cerca di affermare le sue capacità mentali e fisiche cercando di placare il dissenso all’interno del suo stesso partito ed evitare così un ammutinamento generale. Nonostante gli sforzi del presidente e del suo staff in tal senso, la conferenza non sembra tuttavia aver sortito l’effetto sperato sui Dem: la questione di un eventuale sostituzione di Biden resta quindi centrale nella discussione politica.
Sul fronte interno, invece, i lavori parlamentari sono stati soprattutto contraddistinti dal via libera definitivo dell’Aula della Camera dei Deputati al ddl Nordio con 199 sì e 102 no. Il provvedimento apporta modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare e tra le misure previste contiene l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, novità sul reato di traffico di influenze illecite e sulle intercettazioni. Il disegno di legge è stato approvato in seconda lettura da Montecitorio, nel testo identico rispetto a quello trasmesso dal Senato, e dunque diventa legge dello Stato. È una vittoria politica per il centrodestra, un primo tassello della riorganizzazione generale della giustizia è compiuto. Prossimo passo sarà da settembre con la separazione delle carriere.