Romanzo Quirinale, capitolo IV: dieci giorni al voto

Mancano dieci giorni dall’inizio delle votazioni per eleggere il nuovo capo dello Stato.

Il presidente della Camera Roberto Fico ha convocato il Parlamento in seduta comune lunedì 24 gennaio, quando parlamentari e delegati regionali saranno chiamati a esprimersi sul successore di Sergio Mattarella seguendo le apposite regole anti-Covid stabilite dal collegio dei questori di Camera e Senato. Un voto al giorno, massimo 200 persone in Aula e catafalchi dedicati a prova di contagio.

L’elezione del presidente della Repubblica è come da tradizione uno degli snodi fondamentali della vita politica italiana. Un rito laico destinato ad assumere ancora più valore se celebrato in tempo di pandemia e di crisi conclamata del sistema dei partiti.

Nell’ultimo anno proprio la concomitanza di questi due eventi aveva determinato l’avvento del governo di unità nazionale presieduto da Mario Draghi, la cui permanenza a Palazzo Chigi si intreccia adesso con l’esito del voto per il Colle previsto a fine mese.

In questa partita dall’esito ancora ampiamente incerto, l’attuale presidente del Consiglio è sicuramente il candidato più in vista, benché la sua elezione al Quirinale non sia affatto scontata. Nessun leader di partito si è voluto intestare la candidatura dell’ex capo della Bce, segno che i giochi sono ben aperti e che per la politica italiana il voto sul capo dello Stato rappresenta l’occasione ideale per riprendersi la propria autonomia dopo il commissariamento vissuto nell’ultimo anno.

Così l’elezione del presidente della Repubblica assomiglia sempre di più a un vero e proprio referendum su Draghi. La sua elezione è una suggestione che si porta dietro diversi interrogativi: il nome del primo ministro deputato a sostituirlo; il format di governo che verrà dopo di lui (politico o tecnico?); il perimetro della maggioranza che sosterrà quell’esecutivo; da ultimo, l’eventualità per nulla peregrina di incappare nelle elezioni anticipate.

L’incertezza è alimentata dal fatto che diversi parlamentari vedono nell’attuale capo del governo l’unica garanzia di sopravvivenza della legislatura. Prova ne siano le tensioni politiche vissute dalla maggioranza a fine 2021, che hanno trasformato radicalmente le mansioni del primo ministro rispetto a quelle assegnategli da Mattarella poco meno di un anno fa. Da direttore d’orchestra chiamato a scandire il rilancio dell’Italia a semplice mediatore delle beghe fra i partiti.

Nel mentre, giunti alla vigilia del voto, i capi delle tre principali forze politiche che siedono in Parlamento (M5s, Lega e Pd) si affannano per trovare un nome alternativo a quello di Draghi, per evitare le inevitabili implicazioni di un suo trasferimento al Quirinale. Conte, Salvini e Letta hanno inoltre la comune esigenza di esorcizzare il rischio di andare in Aula in ordine sparso e di tenere a bada i rispettivi rivali (nell’ordine: Di Maio, Meloni e Renzi) nella complessa partita che gli si prospetta.

Sotto questo profilo la storia repubblicana insegna che l’incapacità di accordarsi per procedere immediatamente all’elezione di un capo dello Stato condiviso e riconosciuto può essere foriera d’immediate ripercussioni negative. Non a caso elezioni difficili (Segni nel 1962, Saragat nel 1964, Leone nel 1971) e accordi traballanti (Scalfaro nel 1992) ebbero effetti nefasti sui decisori politici del tempo.

Col passare dei giorni e in assenza di novità rilevanti, persino l’ipotesi della candidatura di Silvio Berlusconi comincia a diventare credibile, quantomeno come riflesso della quantità di critiche ricevute in questi giorni dal leader di Forza Italia dopo essere stato lungamente ignorato. Più degli avversari, però, l’ex cavaliere dovrà fare i conti soprattutto con l’atteggiamento degli alleati – i quali al di là delle pubbliche professioni di sostegno non disdegnano l’idea che anche la sua candidatura possa finire impallinata nel voto segreto.

Per il momento le alternative restano ben coperte, nella consapevolezza di non doverle scoprire a meno che non vadano male le prime votazioni su Draghi.