L’arresto dei terroristi e la svolta filoitaliana dell’Eliseo

Su richiesta del governo italiano, questa settimana le autorità francesi hanno spiccato mandati di cattura contro dieci nostri concittadini condannati in Italia per aver compiuto atti di terrorismo negli anni Settanta e Ottanta e successivamente fuggiti Oltralpe: sette sono stati arrestati mercoledì, due si sono costituiti ieri, uno è ancora latitante. La lista iniziale consegnata dall’Italia alla Francia comprendeva 200 nominativi.

È un simbolico quanto cruciale gesto di distensione nei nostri confronti da parte dell’inquilino dell’Eliseo, il presidente Emmanuel Macron. Per decenni Parigi ha offerto protezione a sodali di organizzazioni violente per disporre di carte negoziali con le quali trattare con i paesi d’origine. Si trattava della politica relativa al diritto d’asilo enunciata nel 1985 dall’allora presidente della Repubblica François Mitterrand, che negava l’estradizione per atti di natura violenta ma d’ispirazione politica. Nel commentare gli ultimi arresti, Macron ha sottolineato l’eccezionalità del gesto, che non cancella la cosiddetta dottrina Mitterrand.

Il rifugio concesso a centinaia di membri delle Brigate rosse, di Lotta continua o dei Nuclei armati per il contropotere territoriale ha costituito una dolorosa spina nel fianco dei rapporti bilaterali italo-francesi. Senza contare la beffa per i familiari delle vittime e lo Stato rappresentata da quanti guardavano al terrorismo rosso come a un fenomeno criminale ma anche e soprattutto culturale, con sommo piacere di una certa “intellighenzia” che per anni ha preteso di difendere i terroristi senza mai definirli come tali.

A livello sistemico, la vicenda si inserisce nella evidente volontà francese di tirare Roma dalla propria parte, segnalando la svolta filoitaliana dell’Eliseo. Se la Francia ha bisogno del nostro paese per usarlo come vettore di influenza in Europa in funzione antitedesca, anche l’Italia punta a elevare il suo profilo nel continente per frenare l’avanzamento della Germania, conscia che non avrebbe la forza per riuscirci da sola. In ballo, inoltre, c’è da evitare che fra qualche anno – dichiarata conclusa l’emergenza pandemica – il governo di Berlino torni a imporre l’austerity ai partner Ue.

Complice l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, Roma e Parigi hanno ripreso a negoziare un trattato bilaterale (detto del Quirinale) attraverso cui celebrare il nuovo sodalizio e con l’obiettivo di siglarlo entro fine anno. Dopo essersi rivolto alla benevolenza di Berlino per non andare in default e ricevere gli aiuti del Recovery Fund, l’Italia vede nella Francia l’unico contrappeso realmente in grado di impedire un nostro scivolamento definitivo nella sfera d’influenza tedesca. Impossibile chiudere un accordo diplomatico del genere senza risolvere prima una delle più annose priorità del nostro ministero della Giustizia nei rapporti con l’Esagono: l’estradizione dei terroristi, appunto.

I magistrati francesi devono ancora dare il via libera e sarebbe prudente non escludere colpi di scena, viste le guerre senza quartiere fra burocrazie ed Eliseo – in queste ore, per esempio, Macron è in rivolta contro i giudici che hanno dichiarato non processabile l’omicida musulmano di una pensionata ebrea. Ma la consegna dei ricercati alle autorità italiane sarebbe conseguenza logica di una necessità strategica.