Il Governo Meloni alla prese con le proteste dei trattori

L’assedio dei trattori in Europa, unito alla prospettiva delle prossime elezioni europee a giugno, ha dato i suoi frutti. Martedì, infatti, la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen nell’Aula del Parlamento ha annunciato il ritiro della proposta legislativa, al centro delle proteste degli agricoltori, che imponeva di dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030 e fissava limiti più stringenti per il loro utilizzo. Un passo indietro dall’enorme significato politico e simbolico che è stato immediatamente accolto con positività dalle associazioni che rappresentano gli agricoltori e da diverse forze politiche che compongono parte del Parlamento, dal Ppe ai conservatori. La Presidente ha però evidenziato anche la necessità di fornire incentivi agli agricoltori per spingerli ad adottare misure finalizzate a migliorare la qualità dei terreni agricoli che ora si trovano in cattive condizioni. Anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha accolto con favore questo risultato affermando come sia “anche una nostra vittoria: fin dal suo insediamento il Governo sta lavorando per coniugare produzione agricola, rispetto del lavoro e sostenibilità ambientale”.  E non a caso i trattori e le proteste che colpiscono anche il nostro paese, millantando anche una “marcia su Roma”, sono diventate a tutti gli effetti il nuovo stress test del Governo. I trattori infatti minacciano da giorni di entrare dentro la capitale, nonostante al momento sia stata revocata la manifestazione prevista per venerdì 9 febbraio in piazza San Giovanni ed esclusa una loro presenza al Festival di Sanremo. Il tutto ha suscitato diverse fibrillazioni nella maggioranza, in particolare all’interno di Fratelli d’Italia, alle prove con il primo vero e proprio malcontento popolare nei confronti del Governo. Mentre venerdì la premier ha accolto  una piccola rappresentanza di agricoltori a Palazzo Chigi, il suo alleato Matteo Salvini ha voluto bruciare le tappe e incontrare una delegazione a L’Aquila già giovedì sera. Entrambi sanno che, almeno in Italia, nella maggior parte dei casi le proteste sono organizzate da gruppi di attivisti o piccole associazioni, che agiscono in modo indipendente ma hanno alcune posizioni comuni: criticano le politiche agricole europee, considerate eccessivamente ambientaliste e poco attente alle necessità dei lavoratori, sono contrari ai cosiddetti “cibi sintetici” e chiedono al governo italiano di mantenere alcune agevolazioni fiscali a favore degli imprenditori agricoli, che sono in difficoltà a causa dell’aumento dei costi di produzione.

Nonostante gli ostacoli, l’agenda internazionale della Meloni non si arresta. Lunedì infatti il premier si è recata in visita in Giappone, a Tokyo, per il passaggio di consegna ufficiale della presidenza di turno del G7, con il nuovo anno in mano all’Italia. Un appuntamento importante che segna anche la volontà dei due paesi di rafforzare la cooperazione a tutto tondo, in particolare nel settore della difesa nell’area dell’Indo-Pacifico che diventa di giorno in giorno “sempre più strategica”. Ad accoglierla nella capitale nipponica il premier Kishida, al quale Meloni ha riconosciuto il grande lavoro svolto dal Giappone alla presidenza del Gruppo dei 7, nonostante il 2023 sia stato un anno alquanto “complesso” . Il riferimento è ovviamente ai diversi teatri di guerra che si sono aperti nel mondo, dall’Ucraina al Medio Oriente. Meloni ha fatto esplicito rifermento alla tesa situazione nel Mar Nero e alle Missione europea Aspides in loco, affidata al comando dell’Italia con l’obiettivo di assicurare il passaggio del Canale di Suez ora fortemente ostacolato degli assalti dei ribelli yemeniti Houthi. Tutti temi che saranno quindi al centro della presidenza italiana per un 2024 che si preannuncia non certo meno complicato.

Sempre sul piano esteri, uno dei focus che hanno impegnato il dibattito politico della settimana riguarda inoltre le relazioni con l’Ungheria alla luce del caso di Ilaria Salis, l’italiana che da più di un anno è detenuta a Budapest con l’accusa di aver preso parte all’aggressione di tre militanti neonazisti. Sul tema è intervenuto giovedì alla Camera il Ministro degli Esteri Tajani. “Occorre evitare di trasformare una questione giudiziaria in un caso politico, che regala titoli di giornali ma non fa il bene della signora Salis” ha avvertito il vicepremier, ricordando inoltre che “le regole europee dicono che per ottenere gli arresti domiciliari in Italia occorre prima chiederli nel Paese di detenzione”.  Il titolare della Farnesina ha però infine rasserenato sulle condizioni di detenzione di Ilaria che sarebbero “in netto miglioramento”, anche grazie ai ripetuti interventi dell’ambasciata italiana.